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"Esterno, giorno"
                            
Roma è una città che ammalia. Chi ha la fortuna di vivere nel suo “cuore”, intersecato di viuzze che all’improvviso terminano in piazze regalo per turisti, sa come scoprire i piccoli dettagli che la rendono grande. Un ciuffo di cappero che sbuca tra mattoni medievali, lo spiraglio di un portone da cui sbirciare in private bellezze, una finestra aperta che rivela un soffitto mirabile… ecco, queste sono le sorprese che chi la ama ricerca, con occhio attento affinché non svaniscano come un sogno. Francesco Scirè, abile fotografo con precisione da ingegnere, le sa cogliere e le fissa nel tempo, ce le regala in “Esterno, giorno”, un libro da guardare come un film. Ogni sua immagine è come viaggiare per la città: il tavolo con le gambe di vecchio manichino ci trasporta negli antri oscuri di via dei Giubbonari o sotto le tende di Porta Portese, dove tutto si può scoprire sorprendendoci. L’insegna del bar che non c’è più, al termine di una via d’ombra, ci spinge a indovinare a che edificio appartenga il muro perfetto di mattoni che sembra sbarrare il cammino. Forse è… ma no, potrebbe essere… Una folata di ponentino impertinente ci ruba l’ombrello: lo rincorriamo giù, lungo il Tevere, e con lui giochiamo a rimpiattino. Strisce come righe si corrono accanto, evitano i cubetti di zucchero (forse sanpietrini cinesi), scansano chi vuol stare solo. Uno sbadiglio ci blocca: seduti sul bordo della Piramide (ma è davvero lì?) tre vecchietti si godono il sole. Viene in mente che lì accanto, nel cimitero sotto gli alberi, in un prato di fragole o violette in cui abitano i gatti, ci salutano i Grandi che hanno amato questa città e che qui continuano a vivere. E forse loro, romani de’ Roma, neppure lo sanno.   
Marco Settembre - detto il7 - è l’io narrante del film. Col suo stile baroccheggiante, fatto di frasi infinite che ti tagliano il fiato, ci narra da par suo l’opera dell’amico fotografo. Penetra dentro le immagini, le spezzetta, le illustra al colto e all’inclita, sicuro che anche il vecchietto che sbadiglia resterà a bocca aperta seguendo la sua inimitabile oratoria. Talvolta il romanesco lo trascina, come un vernacolo contagioso. Ahò, semo romani! E questo improvviso intercalare ci stupisce ancor più del suo fraseggiare talvolta ampolloso col quale si diverte a divertirci.
Scirè e il7, il7 e Scirè, un’ottima abbinata.

 

Clara Spada


 

Lunedì 10 Agosto 2015 12:00

 

Recensione di "Esterno, giorno" di Clara Spada 

"Solo", Francesco Scirè, 2010.

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